Profilazione sui motori di ricerca, il flagello dei tempi moderni - Il Grande Fratello la sta osservando - Lei è schedato e appare nei risultati di ricerca: cosa può fare?

Nell'era dei social network e delle trasmissioni televisive in cui le persone si presentano con i loro sentimenti sulle spalle, il diritto di replica viene spesso presentato come il baluardo assoluto contro l'uso eccessivo della libertà di espressione, consentendo a chiunque venga preso di mira in un articolo pubblicato di chiedere la pubblicazione di una rettifica. Tuttavia, questo deve essere messo in prospettiva. In genere la profilazione di persone e aziende da parte dei motori di ricerca, molto innamorati della libertà di parola in stile americano, la selvaggia "libertà di parola" della Costituzione degli Stati Uniti, non consente alcun diritto di replica e di fatto stigmatizza coloro che ne sono vittime.

 

La mancanza di un diritto di replica contro i motori di ricerca

Su Internet, il diritto di replica è regolato da :

Articolo 6-IV della Legge n. 2004-575 del 21 giugno 2004 sulla fiducia nell'economia digitale.

Decreto 2007-1527 del 24 ottobre 2007 sul diritto di risposta applicabile ai servizi di comunicazione pubblica online e preso per l'applicazione dell'articolo IV della Legge 2004-575 del 21 giugno 2004 sulla fiducia nell'economia digitale.
 
L'articolo 13 della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa

I motori di ricerca in genere vedono con favore ciò che può rappresentare un dialogo e una critica costruttiva, o ciò che rafforza e in definitiva legittima un'opinione negativa, come una risposta.

Secondo i principi dell'e-reputation, l'inserimento di una risposta ha comunque un effetto controproducente, nel senso che tenderebbe ad aumentare la referenziazione della stessa pubblicazione che si vuole combattere.

Tuttavia, questo diritto di replica rimane spesso l'unico modo per combattere rapidamente la denigrazione e la diffamazione, nonché gli attacchi alla privacy, fino a quando non esiste un modo per la persona interessata di rispondere direttamente, online, all'avviso. (Purtroppo, non esiste un diritto di replica nei confronti dei motori di ricerca che indicizzano i contenuti sfavorevoli e il cui potere di nuocere è molto maggiore).

Ciò è tanto più vero in quanto gli appelli rimangono così laboriosi per la persona media.

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Il "diritto all'oblio" come palliativo

La sentenza Costeja (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 13 maggio 2014, Costeja / Google Spain, C-131/12) potrebbe essere utilizzata contro i motori di ricerca per ottenere il dereferenziamento ("diritto all'oblio"), e con riferimento agli articoli 17 e 85 del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (GDPR), e all'articolo 80 della Legge n. 78-17 del 6 gennaio 1978 sull'informatica, i file e le libertà.

La sentenza Costeja consente di perseguire il referenziamento da parte dei motori di ricerca, in quanto consentono di profilare una persona attraverso una ricerca sul suo nome, indicizzando le pagine che menzionano tale nome. Questo trattamento informatico da parte del motore è coperto dall'Articolo 17 del RGPD ("diritto all'oblio" o "diritto alla cancellazione") e sviluppato nell'Articolo 51 della Legge sulla Protezione dei Dati, che riserva l'esercizio della libertà di espressione.

Questa deresponsabilizzazione non è automatica. Consente a una persona stigmatizzata di richiedere che un motore di ricerca non indicizzi più determinati contenuti che la riguardano. La richiesta deve essere basata su motivi validi (sentenza della CGUE del 24 settembre 2019, sentenze del Consiglio di Stato del 6 dicembre 2019 e del 27 marzo 2020, Corte di Cassazione, Sezione Civile 1, 27 novembre 2019, 18-14.675, pubblicata nel Bollettino, Pôle 1), o sulla tutela della privacy.

Per quanto riguarda la questione della protezione dei dati personali di fronte alla libertà di espressione, si deve notare quanto segue

L'Articolo 85 del GDPR fa riferimento alla legge di ciascuno Stato membro per quanto riguarda la conciliazione del diritto alla protezione dei dati personali con la libertà di espressione.

A questo proposito, l'Articolo 80, 2°, della Legge sulla Protezione dei Dati, nella sua versione del 1° giugno 2019 risultante dall'Ordinanza n. 2018-1125 del 12 dicembre 2018, Articolo 1, mantiene la restrizione del diritto alla protezione dei dati personali di fronte alla libertà di espressione solo nella misura in cui è esercitata da un giornalista professionista... e Google, nella sua attività di motore di ricerca ("Google Search") non lavora come giornalista, ma come indicizzatore. Inoltre, è responsabile dei contenuti giornalistici che indicizza (si veda la Direttiva 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e i diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE, Articolo 17).

L'articolo 21, paragrafo 1, del RGPD consente a ogni individuo di invocare una situazione particolare, legata al suo background personale, per opporsi al trattamento dei suoi dati personali ("diritto di obiezione", cui fa riferimento anche l'articolo 56 della Legge sulla protezione dei dati).

Vedi anche :

Diffamazione, falsa testimonianza, denuncia calunniosa... quali sono le differenze?

Agression sexuelle et atteinte à la vie privée

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